Io credo nella libertà delle fonti e nella libertà di espressione. Credo che il giornalismo debba dare voce a mille voci. Credo che ascoltare sia un bene, non una colpa. Credo che per essere giusta, l'informazione debba essere completa. Un giornalista non scrive quello che vuole, un giornalista descrive quello che vede. E quindi, il mio articolo, stavolta, non è un articolo: è una lettera. La lettera che queste 96 ragazze mi hanno inviato e che io ho scelto di condividere senza toccare una virgola.

Le donne iraniane ballano nelle strade come se non avessero mai ballato prima, ballano con e senza velo; si fanno riprendere in video che poi postano su internet, condivisi con gli hashtag #freeiran #NoToHijab #IranRegimeChange. Quella delle ragazze dell’Iran è una battaglia per la libertà. La libertà di fare quello che a qualsiasi donna occidentale sembra normale, la libertà di ballare in pubblico e lasciare a casa l’hijab.

Esiste un posto in Africa che è una «Svizzera d’Africa». Un’Africa che parla inglese e tedesco, un’Africa pulita, dove – mi dicono- si vive bene. Ma, in realtà, viaggiando in questo posto in Africa, grande più del doppio della Germania intera, mi rendo conto che proprio Svizzera non è. È un paese vasto e bellissimo, ma la povertà si vede.

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